Il Metodo della Complessità: un approccio Sistemico alla Medicina Omeopatica

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Nel momento in cui prendiamo in considerazione un qualsiasi argomento o svolgiamo un lavoro, qualsiasi questo sia, ci muoviamo secondo una propria precisa interpretazione. Certi parametri che definiscono quel determinato lavoro rimangono fissi e uguali per tutti, ma il modo di approcciarsi e di interpretare gli elementi che lo costituiscono, possono essere interpretati in modo diverso da ognuno: la ricetta del pesto presenta molteplici varianti, quasi tutte definite come “l’autentica”, pur presentando una base comune di ingredienti. Nel contesto della Medicina, questo è altrettanto vero. Per quanto ci siano i protocolli, che dovrebbero definire in modo univoco il metodo di trattamento di una determinata malattia, mille variabili possono portare a modifiche, frutto di interpretazioni proprie del dato medico coinvolto nel tentativo di risolvere quel problema specifico. E’ attraverso le diverse interpretazioni del contesto di studio che si creano nuove teorie per migliorare l’applicazione in un qualsiasi campo.

La stessa affermazione si può riportare alla Medicina Omeopatica. In questo caso, la mancanza di una legislazione che regoli questa disciplina e ne definisca alcuni parametri, ha permesso lo sviluppo di una moltitudine di modalità di interpretazioni e applicazioni del concetto di similitudine, dando luogo a modelli talmente diversi tra loro da essere difficilmente accomunabili, pur rimanendo sotto lo stesso l’appellativo di Medicina Omeopatica. Senza chiamare in causa l’Omotossicologia o i Fiori di Bach, spesso ugualmente confuse e inserite nel contesto dell’Omeopatia, vi sono approcci che prevedono l’uso di più rimedi contemporaneamente prendendo in considerazione il loro possibile utilizzo in disturbi simili, pensando che accomunarli possa aumentare l’efficacia nel trattamento. Ci sono approcci che prevedono la ricerca di un presunto rimedio di fondo, quello che meglio si adatta alla struttura del dato individuo, per poi associare una serie di altri rimedi all’insorgere di manifestazioni acute. Vi sono approcci che si basano sullo studio delle diverse costituzioni umane derivanti dallo sviluppo dei foglietti embrionali. Da questi foglietti si ha lo sviluppo delle diverse strutture che compongono il nostro corpo, come tessuti, organi, ma anche la forma del viso e la struttura morfologica del corpo, specifica per ogni individuo a cui si associa un gruppo di rimedi. Vi sono approcci che prevedono, da parte del medico di definire delle categorie in cui inserire il dato paziente, basate sulla presunta somiglianza di quest’ultimo ad un eventuale regno animale, vegetale o minerale. Queste sono solo alcune delle possibili interpretazioni del concetto di similitudine in Medicina Omeopatica nel grande panorama attraverso cui questa disciplina medica é praticata.

Fin dall’inizio dei miei studi alla facoltà di medicina ero interessato anche a un tipo di approccio diverso dal tradizionale. Mentre studiavo i meccanismi che sottendono la pratica medica convenzionale, lavorando prima nel reparto di neurofisiopatologia e poi come medico nell’emergenza territoriale, ho avuto modo di seguire alcune diverse visioni e applicazioni della medicina omeopatica che mi hanno lasciato un po’ perplesso nel loro modo di porsi nei riguardi della malattia. In ogni caso, per quello che era la mia esperienza come medico, trovavo limitante la valutazione, per vari motivi obbligata, della malattia come funzione determinante del paziente, propria della Medicina Tradizionale. Ho sempre avuto l’impressione che si perdesse la visuale del paziente in quanto tale, nel suo vissuto di essere malato, considerato spesso solo come uno sfortunato possessore di uno specifico stato patologico da debellare. Non è il mio intento di definire una classifica di approcci migliori o peggiori alla malattia, ma sicuramente, sulla base dei miei processi mentali e per come, attraverso le mie esperienze, sono stato portato a vedere e interpretare gli stati di malattia negli individui, il Metodo della Complessità è l’approccio che mi ha permesso di incamminarmi su di un sentiero che risultasse idoneo alla spiegazione e alla risoluzione dei miei dubbi.

Il Metodo della Complessità non proprio della Medicina Omeopatica, ma è il risultato di un bisogno di trovare un approccio diverso alla visione del mondo, rispetto a quello meccanicistico. Nell’approccio meccanicistico, lo studio del particolare e del mondo microscopico è la base della ricerca di una spiegazione ai meccanismi che ci circondano e che determinano la nostra esistenza, in un’infinita conoscenza dei dettagli. Personaggi illustri come Newton (1642-1727) e Laplace (1749-1827) furono i principali esponenti di questo approccio. A mettere in crisi la visione meccanicistico-deterministica è stato per la prima volta Heisenberg (1901-1976) nel 1927 con il suo “principio di indeterminazione”, applicato alla fisica, e il dare all’osservatore un ruolo assolutamente fondamentale in quanto interprete di un evento. Il Metodo della Complessità nasce come “teoria generale dei sistemi” con il biologo matematico Bertalanffy nel 1969 e vede la sua applicazione in varie discipline come fisica, biologia, medicina e economia. Questa parte dalla considerazione che un dato “sistema” non è solo la sommatoria degli elementi che lo compongono, pertanto non è sufficiente agire sui suoi componenti per poterlo modificare. Attraverso la visione del Metodo della Complessità non sono solo importanti gli elementi che compongono un dato sistema, ma anche le interrelazioni “…al fine della comprensione, non sono necessari solamente gli elementi, ma anche le loro interazioni, quindi l’interagire degli enzimi dentro una cellula e quello di molti processi mentali consci come inconsci, fino anche alla struttura e alla dinamica dei sistemi sociali…”.

Questo approccio, già presente in diverse discipline, è stato applicato alla Medicina Omeopatica Classica, dal medico italiano Massimo Mangialavori. L’importanza di arrivare a contestualizzare un sintomo, non solamente preso come espressione di un singolo e specifico segno di malattia, ma inserito nel contesto del vissuto del paziente come espressione di un disagio, facente parte del sistema, ne determina la sua Complessità. In particolar modo l’analisi del racconto del paziente avviene attraverso la considerazione di gruppi coerenti di sintomi che vanno a definire uno stesso concetto. Nel raccontare i propri disturbi si può essere più o meno precisi, ma l’aspetto importante è che manifestazioni diverse hanno spesso caratteristiche comuni: dolori in distretti diversi per una estrema sensibilità al freddo, il quale può indurre difficoltà di concentrazione e/o variazioni dell’umore, rigidità fino alla percezione di un blocco funzionale, sono espressioni coerenti di uno stesso disagio espresso a vari livelli. Estremamente semplificato, ma l’esempio appena descritto, rappresenta una serie di sintomi che considerati nel loro insieme riportano a una delle tematiche importanti, in un individuo che risponde bene a un possibile rimedio omeopatico del gruppo dei Carboni. Pertanto lo studio del sintomo va letto e osservato considerandolo come facente parte di un sistema, come singolo tassello che porta alla definizione di un concetto, alla creazione di un immagine, e quindi permette, in un analisi della Complessità, di definire il quadro specifico del paziente. Nella Medicina Tradizionale, ad un processo potenzialmente simile, porta alla definizione di una diagnosi, nella Medicina Omeopatica porta alla prescrizione di un rimedio che è esso stesso l’espressione della diagnosi. Questo rende a mio avviso più completa la comprensione di un processo patologico. Questa diversa chiave di lettura, associata al riscontro di risultati importanti sui pazienti, mi ha affascinato e portato sulla difficile strada della Medicina Omeopatica.

Nel corso di questo anno in cui ho scritto varie rubriche per questa splendida rivista, mi sono soffermato sull’importanza della valutazione di un sintomo in relazione al paziente e non al processo patologico in atto. In questa rubrica il mio intento è di cercare di rendere più comprensibile cosa sottende a questo tipo di approccio alla medicina, nella speranza di ridurre un minimo la confusione che spesso è presente intorno al concetto di Medicina Omeopatica. Ogni disciplina, può essere interpretata in vari modi ad uso e consumo di coloro che la praticano, assumendo così valenze diverse che possono andare dall’esoterismo al pragmatismo. Questo non vuol dire che la data disciplina sia più o meno valida, dipende solo dalla validità del metodo che sottende la disciplina stessa e dall’onestà con cui questa viene proposta.

Pubblicato nella rivista “Val D’orcia – Terra d’Eccellenza”